Museo Egizio
“La strada per Menfi e per Tebe passa per Torino” così nel 1824 l’egittologo Jean-Francois Champollion descrive la grande collezione del re Carlo Felice, una raccolta di reperti per l’epoca incredibile che attirava studiosi e appassionati da tutta Europa.
A quel tempo figurava nella collezione regia una misteriosa stele di un personaggio di nome Kha, del quale poco si sapeva e che isolato dal suo contesto non destò particolare attenzione fra gli studiosi. Nel 1906 però, 82 anni più tardi, l’intuizione di un famoso archeologo di nome Schiaparelli: mentre si stavano portando avanti scavi nei pressi del villaggio di Deir el-Medina, nota fra le rocce una fenditura, sembrava essere di poco conto eppure incuriosisce lo studioso che decide di concentrare in quel punto gli scavi. Dopo circa un mese di lavoro affiora dalla sabbia, con grande sorpresa, la rampa della tomba di Kha.
Come ci racconta l’ispettore delle antichità Arthur Weigall: “L’intero meccanismo sembrava così moderno che il professor Schiaparelli chiese la chiave al suo servitore, che rispettosamente rispose: ‘Non so dove sia, Signore’. Quindi egli percosse la porta con la mano per vedere se questa fosse cedevole e, quando l’eco riverberò attraverso la tomba, si immaginò che la mummia nell’oscurità, avrebbe potuto credere giunto il momento della chiamata alla resurrezione. La prima occhiata fu a dir poco entusiasmante: davanti a sé il direttore del Museo Egizio aveva due grandi casse che contenevano due sarcofagi, mobili, cofanetti pieni di lino e unguenti, vasi di ogni forma pieni di cibo, pani di diverse forme, piante secche… In tutto oltre 500 oggetti: vale a dire quello che avrebbe dovuto servire nell’aldilà ai suoi proprietari: i coniugi Kha e Merit.

A questo punto partirono le indagini su questi personaggi e si scoprì che Kha era un importante geometra e architetto che supervisionò la costruzione delle tombe di addirittura tre faraoni. Dai papiri si lesse anche della sua triste vicenda coniugale, il grande architetto infatti costruì per sé la grande tomba ritrovata ma la moglie lo precedette nella morte e così decisi di lasciare a lei la sontuosa tomba, poco tempo dopo per il dispiacere perì e il tumulo venne riaperto per riunire i due coniugi nella morte.
Una tomba “familiare” che non fu mai violata da predoni o ladri e che perciò conserva intatto tutto il ricco corredo funerario. Centinai di pezzi della vita quotidiana e stupendi gioielli e preziosità come due cubiti rivestiti d’oro donati dal Faraone.
Il “tesoretto” è integralmente esposto al museo ed è probabilmente uno degli elementi fondamentali della collezione.
Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica, ed è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante del mondo dopo quello del Cairo. Altri Importanti famosissimi reperti esposti sono:
- il tempio rupestre di Ellesija;
- il Canone Reale, conosciuto come Papiro di Torino, una delle più importanti fonti sulla sequenza dei sovrani egizi;
- la Mensa isiaca, che i Savoia ottennero dai Gonzaga nel XVII secolo;
- la tela funebre, tessuto dipinto proveniente da Gebelein e scoperto nel 1930 da Giulio Farina;
- i rilievi di Djoser;
- le statue delle dee Iside e Sekhmet e quella di Ramesse II, scoperte da Vitaliano Donati nel tempio della dea Mut a Karnak;
- il Papiro delle miniere d’oro;
- la Tomba di Maia, ricostruita nel museo
