Ferrara

LA CASA DI LUDOVICO ARIOSTO – La ricerca della forma perfetta

O città bene avventurosa, la gloria tua salirà tanto | ch’avrai di tutta Italia il pregio e ‘l vanto.

Questi sono i versi che Ludovico Ariosto dedica a Ferrara, una città che ha il pregio e il vanto di avere ospitato nella sua corte uno tra i più celebri poeti rinascimentali, dapprima assunto dal cardinale Ippolito d’Este e poi dal fratello Alfonso, come funzionario politico e diplomatico.

Nell’itinerario alla scoperta dei diamanti di Ferrara, i luoghi preziosi della città, scopriremo l’importanza del tema della ricerca nella composizione di una pietra miliare per la letteratura italiana: l’Orlando Furioso.

Ludovico Ariosto iniziò la prima stesura dell’opera tra il 1504 e il 1507 e la pubblicò per la prima volta a Ferrara il 22 aprile 1516 e poi dopo una lunga revisione una seconda volta ancora a Ferrara il 13 febbraio 1521.

Una terza edizione fu pubblicata, sempre a Ferrara, il 1º ottobre 1532 presentando una differenza notevole sul piano linguistico. 

Le prime due edizioni si rivolgevano a un pubblico ferrarese o padano, la revisione definitiva, invece, crea un modello linguistico italiano e nazionale seguendo i canoni teorizzati da Pietro Bembo.

Come Ludovico Ariosto fu alle prese per tutta la sua esistenza con la ricerca della forma perfetta della sua opera, così tutti i personaggi dell’Orlando Furioso sono alla ricerca (inchiesta) di qualcosa: la donna amata, l’avversario da battere, il cavallo perduto, l’oggetto rubato. 

Al centro del poema, poi, si trova la figura emblematica di Angelica, in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali Orlando, che nella sua inchiesta diventa pazzo, quando scopre che Angelica sposa il musulmano Medoro.

La ricerca dei cavalieri resta così sospesa, impedita e interrotta, come la vita a corte di Ariosto che vive la stessa tensione, costantemente alla ricerca del tempo da dedicare alla poesia, spesso, sottratto dagli impegni dovuti al ruolo di corte.

Chi vuole andare a torno, a torno vada:
vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna;
a me piace abitar la mia contrada»

La relazione tra Ludovico Ariosto e il cardinale Ippolito d’Este è spesso conflittuale. A lui dedica ironicamente il poema Orlando il furioso, presentandolo come una mente elevata occupata in alti pensieri e chiudendo l’opera con il motto Pro bono malum, “Male in cambio di bene” alludendo all’ingratitudine del suo signore.

Quando nel 1517 Ippolito d’Este gli chiese di seguirlo per Eger nell’Ungheria Orientale, Ludovico Ariosto si rifiutò, spinto dall’amore per la sua Ferrara e dal desiderio di restare a corte e dedicarsi alla letteratura. 

Passò quindi al servizio del fratello, il Duca Alfonso, sposo di Lucrezia Borgia. La definì una «servitù di minor disagio e probabilmente più dignitosa».

Successivamente nel 1522 dovette occuparsi di governare la Garfagnana ma al suo rientro a Ferrara nel 1525 decise di abbandonare la corte e si fece costruire una casa in cui potersi dedicare finalmente alla letteratura.

La casa di Ludovico Ariosto

“La casa è piccola ma adatta a me, pulita, non gravata da canoni e acquistata solo con il mio denaro”, questa è l’iscrizione presente sulla facciata della casa, oggi in via Ludovico Ariosto 67, dove il poeta trascorse gli ultimi anni della sua esistenza dedicandosi alla terza e definitiva edizione dell’Orlando Furioso.

Qui il poema raggiunge la forma perfetta, come un diamante con le sue sfaccettature e i suoi tagli diversi. 

Ludovico Ariosto trasformò l’Orlando Furioso in una pietra miliare della letteratura, composta da 46 canti in ottave (38736 versi in totale) con una trama molto stratificata. 

Il poema fu tradotto, subito, in molte lingue e divenne la prima opera stampata di successo.

Ludovico Ariosto morì a Ferrara il 6 giugno nel 1533 e fu sepolto dapprima nella chiesa di San Benedetto a Ferrara e successivamente tumulato con grandi onori a Palazzo Paradiso.

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